Mi da molta soddisfazione quando i bambini prima di buttare
una qualsiasi cosa mi chiedono:”mamma ci possiamo fare qualcosa di nuovo con
questo?”. Il rovescio della medaglia è che da noi ciò che normalmente finisce
nell’immondizia deve trovare un posticino in casa. Così abbiamo una serie di “archivi”:
carta, bottoni, stoffe, barattoli, “cocci” ossia vetro e ceramiche rotte,
legni, borse e chi più ne ha più ne metta.
L’altro giorno approfittando del Sole ho riportato alla
luce un bel po’ di borse vecchie che non uso più da tempo, perché rovinate all’esterno
o perché semplicemente non rispecchiano più il mio modo di vestire, ma che
possono ancora benissimo assolvere alla loro funzione, le ho lavate e le ho
messe ad asciugare pronta a dargli nuova vita, le ho portate nella stanza dove
tengo le stoffe vecchie e per ognuna ho pensato un nuovo look.
Una gonna vecchia e dei ritagli di stoffa…et
voilà, questa l'ho chiamata "StreGatta dalla Luna”.
La riflessione come sempre mi è nata spontanea: com’è
possibile dare un valore commerciale a questi oggetti? In una società in cui è
valorizzata l’omologazione, in cui la visibilità del tocco della mano sull’oggetto
non è richiesta. Che valore monetario si potrebbe mai dare a un oggetto che
alla fine sarà unico, che ha richiesto almeno
una giornata intera di lavoro, tra il pensarlo, cercare e selezionare il
materiale e cucirlo a mano.
Sicuramente sarà imperfetto rispetto a un prodotto
industriale, ma è il frutto dell’impegno a non gettare, a non creare rifiuti,
per poterlo realizzare gli ho dedicato un’intera giornata, mente e corpo, e il
tempo non è denaro, il tempo è vita e a questa do un valore senz’altro superiore.
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